venerdì 23 dicembre 2011

Trattorie Romane 2.0

Ecco il tanto sospirato regalo di natale da parte dello staff (vabbè, si fa per dire...) di MagnaRoma: la versione 2.0 della mappa delle trattorie romane!! Si tratta di 100 posti 100 certificati (ci piacciono le cifre tonde!), rigorosamente all'interno del Raccordo, sia provati da noi che da altri noti mangioni di cui ci fidiamo, e tra questi il segnale rosso indica i locali di cucina romana più costosi (intorno ai 35-40 euri) ma che valgono la spesa, mentre per tutti gli altri in blu si rimane su prezzi inferiori. E poi ormai le trattorie romane, anche quelle periferiche, anzi persino i panini dagli zozzoni, sono state sdoganate sia da Dissapore che dal celebre chef inglese Anthony Bourdain nelle sue "36 ore" romane...
Ma visto che a fine anno è tempo di classifiche, ecco le mie personalissime preferenze, in rigoroso ordine alfabetico e cercando di spaziare dal centro (dove sopravvive a fatica la tradizione, assediata dai turisti) alle periferie (dove nascono nuove trattorie niente male).


Le 5 trattorie tradizionali ed economiche

- Alfredo & Ada al Centro storico, per Ada che purtroppo non c'è più

- Betto & Mary a Tor Pignattara, perchè è unico e poi c'è andato pure Bourdain ;-)

- Il Coccio all'Alessandrino, per la solidità della cucina e la bravura di Massimo

- L'Idillio (uno e due) al Pigneto, per l'inventiva e le fettuccine coi bordi rialzati

- Scacco Matto a piazza Bologna (recensione da fare...), per l'ambiente fuori dal tempo e le incursioni nella cucina veneta


Le 5 trattorie tradizionali ma più costose

- Felice (uno e due) a Testaccio, per la cacio&pepe, le polpette e il tiramisù al bicchiere

- Flavio al Velavevodetto sempre a Testaccio, per... la cacio&pepe, le polpette e il tiramisù al bicchiere, e in più la scenografia

- Osteria del Giuda Ballerino a Cinecittà (recensione da fare...), perchè è vicina a casa ed è proprio bella!

- Ristoro degli Angeli a Garbatella (idem), per la rivisitazione dei piatti tradizionali romani

- Trattoria Monti all'Esquilino (idem idem), per il mix tra cucina romana e marchigiana


Le 5 trattorie "diverse"

- Birreria Peroni al Centro storico (recensione da fare...), perchè è vecchissima e un wurstel con la birra ci sta sempre bene

- Confraternita dell'Uva al Pigneto, perchè si mangia siciliano divinamente spendendo poco

- Fish Market a Pietralata, per il pesce che si sceglie al bancone mentre sembra di stare a Barcellona

- Necci (recensione da fare...), per la creatività della cucina, l'arredamento anni 50-60 e l'esterno da paese

- Yesh a viale Marconi, per la cucina giudaico-romana senza i fronzoli dei locali del Ghetto


Le 5 trattorie che devo ancora provare :-(

- Bonelli a Tor Pignattara, perchè se ne parla molto bene sul web

- Cannavota a San Giovanni, perchè le linguine alla Reviglio prima o poi le voglio assaggiare

- Cesare a Monteverde, perchè è sulla guida SlowFood 2012

- Gentiluovo al Fleming, perchè mi stuzzica l'idea del laboratorio di pasta fresca con cucina

- Mattarello alla Magliana, perchè hanno fatto una pubblicità divertente e voglio proprio vedere come se la cavano con le fettuccine

giovedì 22 dicembre 2011

Open Colonna promosso!

Open Colonna è lo spazio multifunzionale nel roof garden del Palazzo delle Esposizioni, gestito dallo chef Antonello Colonna. La sera è un altro mondo, dedicato prima all'aperitivo e poi all'alta cucina, e la domenica e festivi ospita un brunch abbastanza salato (non nel senso di saporito...), mentre la promozione a pieni voti si riferisce al buffet del pranzo, che con 16 euri permette di mangiare bene, in un posto bello e luminoso, evitando le trappole per turisti del centro e le trappole per impiegati di via Nazionale e piazza Barberini.
Intendiamoci, niente di clamoroso, ma volendo assaggiare un po' di tutto il rapporto qualità/prezzo è molto favorevole, e per i foodies c'è il plus della presenza del Maestro Stellato che vigila sull'operato della sua brigata e intrattiene amici e conoscenti.
Sul versante freddo oggi c'erano 3 primi (sedanini, riso venere e altro cereale non identificato), alcuni secondi e contorni (insalata di mare, ceci, pollo bollito) e qualche formaggio o salume. Sul versante caldo faceva bella impressione una zuppa di fagioli, del pollo coi peperoni e i broccoli. E poi i dolci: panna cotta, tiramisù, pastiera (a Natale?? sì, a Natale, lo chef fa quello che gli pare!), caprese e biscottini misti. In più, l'acqua costa 2,50 e il caffè 2 euri.
Certo, la presenza di Woody Allen sarebbe stata impagabile, ma anche così il posto merita, soprattutto perchè lontano dai flussi turistici e decisamente particolare rispetto allo standard romano. Oltretutto potrete dire di aver mangiato in un ristorante che ha una stella Michelin...
Open Colonna
via Milano, 9a (scalinata all'inizio del Traforo o da via XX Settembre)
tel. 06.47822641
a pranzo buffet a 16€ - a cena alla carta - domenica e festivi brunch 30€
chiuso lunedì
sito ufficiale

mercoledì 7 dicembre 2011

La mi porti un bacione a Firenze

Appena rilanciata da Benigni, questa vecchia canzone ben si attaglia (!) all'esperienza gastronomica fuori porta (parecchio fuori porta...) dello scorso weekend: lo storico trippaio Nerbone dentro al mercato fiorentino di San Lorenzo, a due passi dal Duomo e dalla stazione centrale.

Apro qui una dolorosa parentesi: ma perchè mai a Roma è impossibile mangiare dentro i mercati? Non voglio fare paragoni devastanti con Barcellona dove la Boqueria ma anche Santa Caterina pullulano (!!) di bar a tapas che utilizzano i prodotti dei banchi... Mi chiedo però perchè un mercato centrale come quello Esquilino, peraltro realizzato da poco, non abbia alcun luogo dove sedersi e mangiare specialità romane (vista la città) o etniche (visto il quartiere) godendosi la frenesia del contorno, o anche perchè non ci sia nulla del genere nei nuovi mercati di Trionfale e (ma qui spero di sbagliarmi) Testaccio.

Chiudiamo la parentesi e torniamo a noi. Nerbone esiste da un sacco di tempo (dicono dal 1872) ed offre quanto di più semplice, ossia panini zuppe e poco altro, in uno dei luoghi più affascinanti quale è un mercato ottocentesco in ferro battuto. Si va alla cassa, si ordina, si aspetta la catena di montaggio del panino, si prende il vassoio, ci si siede (stretti) in mezzo a nugoli di giapponesi festanti (tanto che qui i banchi scrivono i cartellini in italiano inglese e giapponese). Poca scelta, ma perfetta per un weekend sull'Arno: crostini toscani, panini col bollito e col lampredotto, zuppa del giorno (noi abbiamo beccato i porri), primo del giorno (c'era il ragù di cinghiale), qualche secondo di "ciccia" (spezzatino, bollito, peposo...) e qualche contorno, vino rosso sfuso, cantuccini e vin santo. Il costo dipende chiaramente da cosa e quanto mangiate, ma diciamo che con 12-15 euri ci si sazia.

Nota di merito per gli abbondanti e ottimi panini e per i cantuccini, molto morbidi rispetto a quelli che si trovano quaggiù e assolutamente deliziosi. Ovviamente il lampredotto è una scelta di vita: o si ama o si odia... e infatti io ho ripiegato sul bollito con salsa verde, però stare lì al bancone a guardare la preparazione rimane affascinante, con il pezzone di trippa estratto dalla pentola, sbattuto sul tagliere, sminuzzato e schiaffato nel panino. Per pranzo, ricordatevi di andare presto, se volete evitare lunghe code e soprattutto che finiscano alcune cose, altrimenti di mattina o di pomeriggio fate un salto per uno spuntino corroborante :-)


Nerbone
Piazza del Mercato Centrale, 47/r
Solo a pranzo - Chiuso domenica
Le recensioni su 2spaghi e TripAdvisor

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giovedì 27 ottobre 2011

Un Salotto senza andare da Ikea

Se guglate insieme Salotto + Ikea usciranno come risultati tutti i mobili svedesi per la vostra casa... se invece specificate "Salotto Culinario" troverete un ristorante strano, proprio vicino a Ikea Anagnina, dentro quello che con un po' di sana modestia viene chiamato "Castello Peroni" anche se non c'entra nulla con la birra: sì, quella costruzione super trash a sinistra della Tuscolana subito dopo il raccordo, sì quella :-)
Dentro però è un altro mondo: il giovane chef Adriano Baldassarre, dopo l'esperienza a Zagarolo, si sta man mano avvicinando a Roma, e prima di atterrare al centro (via Nazionale angolo via Milano...) si è fermato per ora - fortunatamente per noi abitanti del decimo municipio - all'altezza del grande raccordo anulare che circonda la capitale!

Perchè trova spazio dentro MagnaRoma? Perchè sebbene costoso non è inaccessibile, e mantiene un'attenzione alla cucina e ai prodotti romani molto ma molto interessante. Da un lato, infatti, i menu degustazione stanno sui 35-45 euri vino escluso (ma a pranzo si scende vertiginosamente a 13! - oddio, ma quale motivo dovrebbe spingere uno a pranzo a stare dalle parti di Anagnina?), e dall'altro lato frutta e verdura arriva dal mercato di Grottaferrata, il pesce da Anzio e salumi/formaggi da Dol a Centocelle, con una filosofia di attenzione al territorio e di km 0 che fa piacere.
Ieri sera, dopo aver parcheggiato ai piedi del Castello (scusate, mi fa troppo ridere sta costruzione...) siamo entrati nel Salotto deserto (causa giornata di campionato infrasettimale) che si è via via riempito ma poco e con lo sfondo delle grandi vetrate e dei grandi refrigeratori per il vino ci siamo seduti e abbiamo scelto di disdegnare i menu e provare invece gli antipasti più celebrati nella blogosfera: le polpette di coda alla vaccinara (sublimi, morbide e saporite) e il cannolo di burrata (un po' slegato, ma ottima consistenza - si dice così?).

Subito dopo due primi diversi: io gli spaghetti con alici e pangrattato e lei la gricia, entrambi ottimi e in porzioni corrette (non da nouvelle cuisine, e senza piatti enormi con due fili di pasta dentro!). Infine due dolci: io un fondente al cioccolato eseguito alla perfezione con un netto contrasto tra l'interno liquido e la copertura friabile, e lei un semifreddo con albicocche, mandorle e caramello salato giudicato molto ma molto buono. Quasi 50 euri cadauno (compreso un bicchiere di vino e di passito per me) e passa la paura! Rapporto qualità/prezzo favorevole, la qualità c'è e si sente.
Almeno quattro note di merito: l'ambiente è bello, moderno ma nientaffatto freddo; il menu è semplice, con nomi brevi e chiari ma non fantasiosi e la descrizione di tutti gli ingredienti del piatto (la pasta, per dire, cominciava con "farina 00, uova, ..."); la pasta, appunto, è fatta in casa; il servizio è attento, rapido ma non invadente, e anche lo chef viene in sala a informarsi o a proporre. Totalmente consigliato, e sbrigatevi finchè c'è Baldassarre :-(
Salotto Culinario
Via Tuscolana, 1199 (Anagnina)
Tel. 06 72633173
Chiuso la domenica, e anche lunedì e sabato a pranzo
Sito ufficiale
Le recensioni di Scatti di Gusto, Via dei Gourmet, Italian Linguini e del Corriere.

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lunedì 24 ottobre 2011

Se il Duca non è solo Ellington

Si chiama Cotton Club, ma non ci troverete Duke Ellington, bensì Ottavio Pietrantonio. Un altro Duca, a modo suo. E in quanto a duchi, il luogo ne ha avuti a iosa. Procediamo con ordine. Ottavio è l'anfitrione del Cotton Club, osteria a conduzione familiare nel cuore di Benevento, città ricca di testimonianze storiche e centro archeologico di prima importanza. Il Cotton Club è a due passi dall'Obelisco di piazza Papiniano. Sembra un riferimento ostico per i non beneventani, in realtà è un indizio essenziale: appena avvistato il piccolo obelisco buttatevi nel vicolo e lì troverete il locale. Ottavio accoglie i clienti con una citazione di Proust: "La vera terra dei barbari non è quella che non ha mai conosciuto l’arte, ma quella che, disseminata di capolavori, non sa né apprezzarli né conservarli". Ottavio ha vergato quelle parole all'ingresso, a monito del turista distratto, pensando a Benevento. Il genio della letteratura si riferiva invece a un Paese europeo, circondato dal mare sui tre lati, a forma di stivale. Quale?

Il Cotton Club ha interni accoglienti (cosey, come dicono gli inglesi? Sì, cosey) con pareti che esplodono di quadri e oggetti senza apparire pesanti, il servizio è di antica cortesia, i piatti sono tradizionali ma non troppo, con ingredienti di stagione per lo più locali, senza fondamentalismi. Nel menù spicca lo spaghetto "Vucciria" omaggio a Palermo, per non parlare dei Fiori di Venere (in foto), ovvero riso venere con fiori di zucca, che abbiamo gustato in una fresca serata estiva, semplicemente sublimi. Ingredienti locali quindi, senza che la scienza in cucina resti confinata all'ombra del campanile.

Al Cotton Club si dà grande attenzione ai formaggi, alle carni, alla selezione delle verdure. I bocconcini di maiale che si sciolgono in bocca, prosciutto e fichi di prima scelta, nel peperone ripieno i sapori raggiungono armonie celestiali, in cantina i vini sono essenzialmente del territorio, alcuni dei quali di buon pregio. Ottavio fa la spesa, sceglie gli ingredienti, la moglie cucina. Risultato di ottimo livello per prezzi che si aggirano su meritatissimi 25-30 euro a persona. Con i miei commensali siamo andati oltre, ma solo perché abbiamo scelto un vino (un paio) di quelli da conservare ut reliquia…

Una volta fatta la conoscenza con Ottavio, se si passa al Cotton Club in ampio anticipo sulle "ore pasti", l'anfitrione - anima dell'associazione locale l'Obelisco - potrebbe anche portare l'ignaro turista a passeggio nei dintorni del ristorante. Ad ogni angolo un aneddoto, la citazione di una dinastia, il racconto di un esposto alla sovrintendenza ai beni archeologici, o della denuncia di un tombarolo. Puro orgoglio sannita. Eccolo in azione, Ottavio. Narratore micidiale, sulla storia della città è capace di fare excursus mirabolanti, dai clientes degli antichi romani ai clientes della Dc, dai Longobardi che qui hanno prosperato per secoli alla dominazione pontificia, dal disagio per il riciclo dei manufatti archeologici ri-utilizzati in città nei modi più disinvolti al mancato riciclo dei rifiuti che sfigura molte zone della Campania oggi. Se capitate da quelle parti la visita è d'obbligo. Oltre alle pietanze, al Cotton Club potete godere di una lezione di storia e archeologia… aggratis!

Cotton Club
via De Vita 16 - Benevento
Prezzo: 25-30 euro
Tel.: 349 3827226
Mail: cottonclubosteria@live.it
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domenica 23 ottobre 2011

Bistrot Bio alla Valle dei Casali

Il Bio Bistrot è un bel progetto creato all'interno del Parco Provinciale della Valle dei Casali (Monteverde alto) da una coop che in loco già organizzava attività per i bambini di educazione ambientale e mercatini di prodotti bio. Il locale è carino, interni curati, moderni ma non freddi e i tavoli sono grandi e abbastanza lontani tra loro, difficile avere il vicino che "ti parla sopra".
L'estate dev'esser una figata, i tavoli sono letteralmente nel giardino (c'è una pedana di legno mi pare, dove appoggiano tavoli e sedie), nelle serate romane afose, ce se deve aripijà per bene. Ieri eravamo due, poi si è aggiunto un amico, dunque eravamo tre. Abbiamo preso un tagliere di cinta senese (2 salami di cui uno buono e uno buonissimo, una lonza e una pancetta buone) e 3 primi, un cannelloncino al baccalà (interessante) con verdure di campo e due tagliolini con carciofi su letto di pecorino (molto buoni) e due postres un tortino di cioccolato con arancia essiccata e una crema catalana (buoni). Abbiamo bevuto acqua del sindaco frizzante e un buon bianco (mi pare) della zona di orvieto. Anche il vino è bio, come il resto. Il servizio è buono e attento senza esser soffocante. Prezzi 30-40 euri.


Bistrot Bio - Casa del Parco
Via del Casaletto, 400 (Monteverde Nuovo)
Tel. 06.45476909
Aperto a cena da martedì a sabato e domenica a pranzo
Sito del Parco

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sabato 22 ottobre 2011

Due vinerie tra Appia e Tuscolana

Via Santa Maria Ausiliatrice, tra l'Appia e la Tuscolana, nasconde due vinerie interessanti: "Remigio" e "Tramonti e Muffati". Sfruttando una bella serata di aprile, io e Fabio le abbiamo provate entrambe, con un aperitivo "corposo".


Siamo entrati inizialmente da Remigio, attratti dai colorati piatti da aperitivo che si vedevano sul bancone e dalla scritta "Champagne e vino". Purtroppo gli stuzzichini colorati tali sono restati: colorati. Questo era il loro maggior pregio. Per il resto: pane tipo baguette da supermercato tagliato a fetta di salame di consistenza gommosa con sopra, di volta in volta: pomodoro e mozzarella a dadini di sapore e consistenza vaghi e senza condimento alcuno, mozzarella sciolta e ormai abbondantemente fredda con fetta di wurstel, tartare di olive, tartare di melanzane e similaria...


Sul vino, ci siamo fatti consigliare. E il consiglio è stato ottimo. La richiesta di entrambi era di uno champagne secco, interessante e non troppo caro. Il bello di Remigio è che essendoci la mescita, la possibilità di provarne diversi si amplia, cosa difficile da trovare in una vineria a Roma. Chiacchierando poi il ragazzo al bancone mi ha raccontato che uno dei soci è appassionato da sempre di "vino con bollicine" per cui ormai da anni gira la Francia (ma anche l'Italia) alla ricerca di piccoli e medi produttori che offrano prodotti dal buon rapporto qualità/prezzo i cui prodotti spesso non sono distribuiti nel Lazio. Un modo di dirmi che ce l'hanno solo loro, quei vini lì. Abbiamo pagato il giusto, lo champagne era veramente buono, peccato per gli stuzzichini.


Remigio
Via di Santa Maria Ausiliatrice, 15 (Appio-Tuscolano)
Tel. 06.789228
Chiuso la domenica
Sito ufficiale

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Camminando su Via Santa Maria Ausiliatrice, dalla Tuscolana verso l'Appia, sempre sulla sinistra, verso la fine c'è Tramonti e Muffati. Il locale è aperto da metà degli anni '90, molto caldo nell'atmosfera, forse un po' datato e con una carta dei vini notevole. Col vino non siamo stati fortunati, il primo scelto non c'era, il secondo neppure, lui molto gentilmente ce ne ha proposto un'altro dello stesso produttore del primo che sembrava interessante ma costava troppo per le nostre tasche e alla fine ne abbiamo preso un quarto. Un Salice Salentino (mi pare), era potabile, senza infamia e senza lode. Mi sarei aspettato di più in una vineria di quel genere, nonostante il vino da "primo prezzo" (mi pare 16euri).


Purtroppo invece la cucina non funzionava, per cui abbiamo preso un tagliere di salumi e formaggi veramente notevole. Poi il padrone ce li ha spiegati tutti (anche se non ne ricordo nessuno) ma erano ottimi.


Tramonti e Muffati
Via di Santa Maria Ausiliatrice, 105 (Appio-Tuscolano)
Tel. 06.7801342
Chiuso lunedì, aperto dalle 16 in poi
Sito ufficiale

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domenica 2 ottobre 2011

Ciociara, umbra o romana?

"Dicaaaaaaaaa"

No, questa recensione non parlerà nè di locali etnici, nè di nuove osterie romane... Basta fare pochi passi dentro e il "Dicaaaaaaaaaa" del gestore, che vuole richiamare l'attenzione di voi che siete entrati spensierati senza chiedere nulla, vi farà capire che qui si mangia solo cucina tradizionale e ben sperimentata. Siamo a Cinecittà, tipico quartiere popolare romano e romanista, dove da anni immemorabili sorge questa trattoria e pizzeria chiamata "La Ciociara", ma gestita da una famiglia umbra :-)


"Faccia presto che c'ho da fà"

Diciamo subito che il servizio è sbrigativo, gestito da due generazioni di una simpatica e tenera famigliola (non aspettatevi Brad Pitt e Angelina Jolie...) che si dà da fare per portare in tavola il necessario, ma non si perde certo in chiacchiere e convenevoli, e quindi se non siete pronti a ordinare rischiate di passare dietro a numerosi altri commensali. Eh sì, perchè il posto è affollato sempre, con qualche tavolo sul marciapiede, un'ampia sala interna con finestre chiuse dai tipici vetri smerigliati delle vecchie osterie romane e un'altra sala al piano inferiore.


"A Marcè, e sparecchia quei tavoli!"

Veniamo al succo: la Ciociara è sia pizzeria, con le classiche pizze basse e croccanti e buoni fritti non surgelati (i veri supplì "al telefono" e i filetti tra tutti), sia trattoria, che propone piattoni di primi notevolmente conditi (non perdete gli gnocchi ovviamente del giovedì) e secondi tradizionali (come l'ossobuco) o di carne chianina. Lo so, vicino c'è la modernità di Sforno o Lievito Madre, ma alla vecchia cara pizza romana ogni tanto anche il foodie più esigente ha bisogno di tornare, quantomeno per le reminiscenze di quand'era bimbo e "pizza" significava solo questa, con buona pace dei napoletani!


Dolci non memorabili, forse eccetto una crema catalana bruciata con la fiamma ossidrica (!), ma per gli estimatori c'è l'amaro Unicum o il Nerone, e anche un Centerbe molto ma molto aspro. Conto totale sui 15-20 euri per la pizzeria, tenendo conto che margherita e napoli stanno sui 5 euri e solo le pizze più elaborate arrivano sugli 8 euri. Intorno ai 25 invece un pasto completo con primo e secondo.


La Ciociara
Via Valerio Publicola, 31 (Cinecittà)
Tel. 06.7615500
Chiuso martedì

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lunedì 8 agosto 2011

Sorpasso e controsorpasso

M'hanno rubato l'idea: nei miei vaneggiamenti gastronomici ho sempre pensato di gestire un locale aperto dalla mattina alla sera con varie configurazioni (colazione, pranzo, merenda, aperitivo, cena, dopocena), con un bel bancone oltre ai tavolini, con la vendita anche al dettaglio dei prodotti in menu, e con elementi di design che attirano gli avventori (si dirà ancora così?), in modo da creare un ambiente tra il nordeuropeo e il catalano. Beh, c'è già (da poco) e non so se l'emoticon da usare è :-( per i miei sogni di gloria (gastronomica) o :-) per le mie necessità di lavoratore di Prati.

Si chiama Sorpasso, sorge proprio di fronte al mercato dell'Unità ed è lo spin-off della vicina enoteca Passaguai, omaggiata dal Gambero Rosso con 2 "bottiglie". Rispetto al progenitore è più ampio e soprattutto con la cucina, ma quello che colpisce favorevolmente è sia l'attenzione all'arredamento sui toni del legno e del bianco, sia il tentativo riuscito di avvolgere i clienti con i sapori, con il salumaio che affetta le specialità della casa all'ingresso e le bottiglie di vino o bibite (Paoletti!), ma anche salumi e formaggi e conserve sugli scaffali. Per mangiare la scelta è tra un bancone non troppo ampio ma con alcuni sgabelli che permettono di evitare di sedersi tristi a un tavolo da soli, oppure la sala interna con ampi finestroni sulla cucina a vista, tavoli spaiati (è molto trendy e cool) e soprattutto un grande lucernario che chiude quello che era un cortile interno regalando la vista sui panni stesi dei piani superiori!


Capitolo cibo: coi colleghi di lavoro, prima di abbandonare l'ufficio per le meritate e sudate vacanze, insieme a pane di diverso tipo (buono), abbiamo preso due taglieri di salumi e formaggi non enormi ma comunque neanche costosi (9-10 euri cadauno), dove tra l'altro troneggiavano, sebbene rapidamente spazzolati, la cecina de leon (bellamente ignorata nei miei numerosi viaggi ispanici), la lonza di mangalica (che taglio di animale!) e il piacentino ennese. Poi ottimi e molto sostanziosi (oltrechè convenienti, a 7 euri) i tortini con patate tomino zucchine e parmigiano, nonchè una tagliata di manzo al sangue che si scioglieva in bocca (lo so, ho cercato per 10 minuti un'espressione meno ritrita ma non l'ho trovata, abbiate pazienza!). Volendo, ci sono anche i trapizzini inventati da 00100.


Ho paura che diventerà uno dei miei posti preferiti: così abbiamo speso poco meno di 20 euri, con un rapporto qualità/prezzo notevolissimo, ma non saprei se a cena i prezzi salgono. In ogni caso, è frequentabile anche in altri momenti della giornata, sul modello di Necci al Pigneto, e questo è molto ma molto interessante, tanto più in un quartiere poco accogliente come Prati a meno di non essere turisti da spennare.


Sorpasso
Via Properzio 31 (Prati)
Tel. 06 89024554
Aperto dalle 7 di mattina alle 2 di notte (almeno così dicono...), chiuso domenica
Sito ufficiale

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Il mistero del Lievito Madre

Da almeno un mese impazza sul web il mistero del Lievito Madre... no, non sulle modalità migliori di "allevare" la pasta madre nei forni, bensì sulle valutazioni per questa nuova apertura a Cinecittà, una pizzeria che secondo alcuni si inserirebbe di prepotenza tra il gotha romano, e secondo altri è un'emerita schifezza, ma ci sono anche giudizi più equilibrati. Capite bene che opinioni così divergenti suscitano curiosità, e grazie a un coupon abbiamo fatto il sacrificio di dirimere una volta per tutte la questione...

Diciamo subito che confermiamo i giudizi contrastanti: ci sono cose molto buone e altre da rivedere, ma sicuramente nulla di orribile e anzi azzarderei che gli aspetti positivi prevalgono, sia pure senza raggiungere per ora i livelli, per restare nel quartiere, di Sforno. Il primo aspetto positivo è il posto: all'inizio del parco degli Acquedotti, sotto gli alberi con lo sfondo delle arcate dell'Acquedotto Felice, in uno chalet appena costruito e bello; l'unico appunto per i tavoli sul brecciolino, decisamente meglio quelli sul tavolato sotto il portico.


I commenti negativi sui camerieri e il servizio, sinceramente, non li ho capiti: è evidente che è un servizio giovane e forse inesperto, ma ieri sera sono stati precisi e veloci, anzi quando si sono confusi tra il mio ordine (funghi) e un'altra pizza (fumo) me l'hanno sostituita con molta gentilezza. Nota di merito per le birre, molte belghe anche alla spina e alcune di altri paesi, anche bevibili da sole prima/dopo cena. Ma veniamo alla sostanza: abbiamo preso per cominciare i mini arancini, tipici del vicinissimo e stellato Giuda Ballerino con cui non si è capito se godono di una consulenza o di una vera e propria filiazione, e tra questi l'asiago e tartufo era ottimo come sapore, mentre un po' meno entusiasmati ci ha lasciato il taleggio e asparagi (più per il riso che per il ripieno) e il ceci e baccalà (comunque gustoso). Poi delle chips di patata con il parmigiano pecorino, buone e leggere, in un sacchettino di carta (altra reminiscenza del Giuda...).

E poi le pizze. Anche qui alti e bassi: la margherita sembrava troppo acquosa, con un eccesso di mozzarella rispetto al pomodoro, sebbene l'impasto fosse buono e leggero (sì, mi ripeto), mentre la funghi era biscottata (bonus!) ed equilibrata tra funghi, mozzarella e pomodoro. Confermiamo i giudizi di chi ha scritto che si percepiscono mani diverse, ma almeno un aspetto positivo sono le proposte diverse dal solito come le pizze ripiene e la carbonara, nonchè i prezzi convenienti per i gusti base, intorno ai 5 euri alla faccia di Tremonti e della BCE. Per il conto siamo sui 20 euri, ben spesi (soprattutto perchè è vicino a casa!).


Lievito Madre
Via Lemonia 214 (Parco degli Acquedotti)
Tel. 06 45481454
Aperto a pranzo e cena, chiuso lunedì

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lunedì 11 luglio 2011

Fish Market, una sorpresa a Pietralata

Avete presente quel tratto pieno di curve di via di Pietralata, senza marciapiede, verso lo sbocco sulla Nomentana, dove si susseguono gli arrosticini proletari dei Quinzi, la superbia di Mejo de Betto & Mary, la creatività del Lanificio (sì, proprio sorgeva il mitico cornettaro con il montacarichi!), l'azotemia di Bistek e la tradizione del Gallo Rosso?




Beh, tra il Lanificio e Bistek non lo vedrete mai, se non lo cercate, ma al posto di un'autofficina, anzi per la verità mantenendo proprio le vecchie insegne e gli ormai inutili cartelli "Per le revisioni fermarsi qui", c'è un cancello apparentemente anonimo che si apre ogni sera dalle 20 alle 24 (tranne il lunedì), con una scritta che rappresenta (oltre alla gente che aspetta...) l'unico indizio che qualcosa è cambiato in questa nuova zona cult della Capitale: "Fish Market"!

Visto che l'afa regna sovrana in questo inizio di estate sulla Città Eterna, il presente post risparmierà sforzi inutili sulla tastiera e andrà per punti, ricapitolando le finora due apparizioni del sottoscritto ;-)



Ambiente: spartano, con divani scompagnati all'ingresso, un tavolinetto dove una stangona fa le tessere arci (sì, è un circolo culturale...) gratuite, tavoli e sedie altrettanto scompagnate e più o meno comode (e a volte instabili), un bancone a sinistra con le bevande (vermentino e pecorino della casa) e poi, in fondo, sua maestà il bancone del pesce, dove un poco loquace addetto taglia e pesa il pesce, seguito subito dopo dalla cucina e dalla cassa. Metà è all'aperto e metà al chiuso sotto al capannone dell'ex officina, è il mix è piacevole, sicuramente diverso da ogni altro posto di Roma, direi quasi barcellonese...



Cibo: delizioso, sebbene il menu sia limitato a poche cose, tipo i cartocci con la frittura di moscardini, calamari, gamberetti o lattarini, la bruschetta con sugo di cozze e vongole, gli spiedini di pesce, l'insalata di polpo, l'hamburger di spada/spigola/tonno/salmone e soprattutto il pesce alla piastra al peso, dove potete sbizzarrirvi con i crostacei e il calamaro, il pesce spada e il tonno da scottare appena, le orate e le spigole, e non mi ricordo cos'altro.

Servizio: da mensa aziendale, che fa tanto trendy & cheap... trovate sul tavolo un foglio con le ordinazioni, un portapenne e una penna: discutete con i commensali cosa mangiare, lo riempite (il foglio, non il portapenne), andate al bancone del pesce, scegliete e pagate. I piatti ve li portano gli addetti, su vassoi da mensa aziendale (l'avevo già detto?).



Frequentazione: giovanile e notevole, non da periferia romana, se considerate che i proprietari sono anche gli ideatori del coffee pot e si sono portati dietro la clientela di affezionati. Il rovescio della medaglia è che è affollato qualsiasi giorno della settimana, quindi è necessario prenotare SEMPRE.

Costo: contenuto per essere pesce, ce la caviamo con 30-35 euri alzandoci sazi e avendo la sensazione di aver mangiato bene. A meno c'è solo Franco ar Vicoletto, non so se rendo l'idea ;-)



Fish Market
Via di Pietralata 149b (Tiburtino)
Tel. 347 0095009 (mandare un sms con nome, orario e numero di persone; riceverete la conferma sempre via sms)
Aperto solo a cena, chiuso lunedì
Niente sito, ma pagina FaceBook
Qualche recensione: Via dei Gourmet, Puntarella Rossa Uno e Due, Walden.

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venerdì 17 giugno 2011

Flavio al Velavevodetto... ve lo dico!

Flavio era lo chef di Felice, storica trattoria di Testaccio (di cui abbiamo parlato qui, qui e purtroppo anche qui)... e da un po' di tempo si è messo in proprio, a pochi passi, addossato allo scenografico Monte dei Cocci e circondato dai locali della movida romana.

Il locale era un cabaret, ci sono pure stato più di 10 anni fa, ma certamente dà il meglio di sè come ristorante, grazie alla splendida terrazza, al cortile e alle due sale interne con vista sui "cocci" (e, sembra, arieggiate dalle correnti che percorrono la Malagrotta di 2000 anni fa). Il menu è molto simile a quello di Felice, con cui condivide i cavalli di battaglia, compreso l'imperdibile tiramisù al bicchiere, ma in più ha il bonus della posizione e dei tavoli all'aperto, e di un certo minore grado di affollamento che non guasta a noi avventori.


Vi dico subito che non so quanto abbiamo pagato ieri, visto che siamo stati gentilmente sollevati dal doloroso onere del conto, ma le varie recensioni parlano di circa 35 euri. Scarso affidamento si può fare sul menu, visto che i piatti variano giornalmente a parte i grandi classici romani, e molte cose non sono scritte. Eravamo in 6 più un nano, sulla terrazza in una perfetta serata pre-estiva, compresi due australiani che sono rimasti estasiati, o almeno spero che "wonderful" in anglo-antipodo non voglia dire qualcos'altro...

Dunque i primi: tra i classici l'amatriciana era saporita e bilanciata, oltre che abbondante e la cacio&pepe perfetta (ed è molto difficile!) seppure non mantecata al tavolo, mentre tra i piatti creativi i ravioli ricotta&spinaci con sugo a freddo di pachino, erbe e ricotta salata hanno registrato un plauso unanime italo-australiano. E poi ovviamente i secondi: le maestose e (può sembrare strano) leggere polpette di bollito fritte (fatte, leggo dal sito, con manzo, gallina, mortadella, noce moscata, pane spugnato, patate lesse, prezzemolo, sale e pepe...), le cotolette d'abbacchio panate e fritte, gli involtini al sugo. Tra i contorni meritano una segnalazione la scarola con olive, capperi e pinoli, ma anche delle patate al forno divine. Tutto ottimo, s'era capito? Per concludere l'imprescindibile tiramisù al bicchiere per tutti: caffè in fondo e poi crema e cioccolato liquido e solido a strati. Abbiamo accompagnato tutto ciò (burp!) con uno dei vini del Casale del Giglio, un leggero ma buon Petit Verdot, e abbiamo concluso con alcune grappe barricate che ci stavano proprio bene!

Flavio al Velavevodetto
Via di Monte Testaccio 97
Tel. 06 5744194 - 06 5746841
Chiuso a pranzo sabato e domenica, e anche domenica sera in estate
Sito ufficiale
Le recensioni (con molte foto) di Carlin Petrini, Dissapore, Tavole Romane, Puntarella Rossa, Polipo Affamato e la Diciassettesima Cucina.

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venerdì 18 marzo 2011

Alfonso Cuscus: molto fast e molto food

Era parecchio tempo che volevo provare il cuscus di Alfonso, storico locale specializzato in questo alimento con due sedi, una nei pressi di piazza Fiume (l'Alfonso originale, proveniente da Tripoli) e l'altra al quartiere Africano (Alfonso II). Ora, un coupon acquistato su Groupalia, sebbene lo sconto effettivo sia minore a quanto propagandato, ha rappresentato l'occasione per andarci, il giorno molto piovoso del 150°. Tra parentesi, vorrei anche partecipare al Cuscus Fest di San Vito Lo Capo, dove non sono mai stato: si accettano adesioni!


Ma torniamo "in topic". Siamo a due passi dal Macro e a fianco alla Birreria Peroni già degnamente recensita. Il locale è colorato, con alcune maioliche mediorientali che però non sono sufficienti a dare un'atmosfera effettivamente esotica. La specialità è anche l'unica cosa cucinata: qui si viene solo per mangiare cuscus, e nient'altro, con un menu fisso di 20 euri (anche take away) con l'unica variante di un fantomatico cuscus di pesce che on-line qualcuno fissa al venerdì (insieme alla danza del ventre) e qualcun'altro definisce "su ordinazione".




Noi abbiamo cominciato con un antipasto di pita araba con hummus, baba ganush e tonno marinato, fuori dal menu ma compreso nel nostro coupon. Immediatamente dopo arriva una cofana di cuscus, molto abbondante (eventualmente se ne può richiedere altro, se finisce) con 4 diversi condimenti, due di carne e due vegetali: brodo vegetale con ceci carote ecc., fagioli al cumino e polpette, fagioli con spinaci e vitella, patate in salsa piccante (molto piccante!). Per completare il pasto, una piccola insalata di verdure, un microscopico ma molto buono dolce alla mandorla e un classico bicchierino di the arabo alla menta (che qualcuno on-line ha scambiato per un amaro... annamo bene!). Il tutto in 1 ora scarsa, con le portate che si susseguono una dopo l'altra senza soluzione di continuità.




In definitiva, si mangia molto perchè il cuscus è sostanzioso, e si mangia rapidamente perchè è tutto già pronto, ma manca quel qualcosa in più che lo fa ricordare, sia perchè non c'è scelta sia perchè il cuscus non è memorabile, e per un locale che fa solo questo non è una pecca da poco. Per dire, il cuscus integrale della Palestina in vendita nelle botteghe equosolidali è molto più profumato e appetitoso. In effetti, sembra più un locale dove andare a pranzo per un pasto cucinato ma veloce, alternativo ai tristi bar o pizzerie della zona.


Da Alfonso Cous Cous
Via Brescia, 23 (piazza Fiume)
Tel. 06 97612215
Chiuso domenica
Venerdì e sabato danza del ventre

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A Centocelle tra nuove enoteche e il Coccio

Centocelle (aka 100celle) non è propriamente un quartiere vivace e modaiolo, soprattutto di sera quando sono pochissimi i locali aperti e i marciapiedi sconnessi e poco illuminati non invitano a passeggiare, nonostante il tessuto etnico del quartiere si presterebbe a diventare un nuovo Pigneto. Si vabbè, ci sono i cornettari ma questa è un'altra storia...

Quindi avendo deciso di festeggiare il 150° con l'attività più italiana di tutte da qualche secolo, cioè godere dei piaceri infischiandosene del futuro del paese ("O Franza o Spagna, purché se magna" cit. Guicciardini?), ed avendo optato per una trattoria nei pressi della Togliatti, si è posto il problema di dove fare un sano aperitivo nel deserto tra Centocelle e Alessandrino. Eravamo io & er Roscio aka er Papà, visto che l'Avvocato ci avrebbe raggiunto solo più tardi.

L'unica possibilità sembrava l'ottimo vegetariano-enoteca Arancia Blu, ma ci sembrava troppo "serio", quindi abbiamo provato un posticino in via Tor de' Schiavi 294 che vende bottiglie da secoli ma solo recentemente si è convertito alla mescita: Vitis Vinifera. Bel posto, con gestori simpatici e lungo bancone accogliente, 5-6 vini alla mescita e tartine (ripetutamente servite) per accompagnare l'alcool. Da YouTube è partito l'Inno di Mameli, in sintonia col clima patriottico di questi giorni, e alle 21 è suonata la campanella per avvertire (come da tradizione nei pub inglesi) che non si prendevano più comande.

Era ancora presto, e avevamo la necessità impellente di un altro posto dove aperitivizzare... ci stavamo dirigendo verso la libreria-caffè Rinascita, aperta fino a tardi, quando improvvisamente abbiamo avvistato un'altra enoteca ancora in attività in via delle Acacie 15/c: l'Aperitivo di... Vino, più piccolo del precedente e gestito con rude fermezza da un personaggio uscito fuori da un film di Verdone o di De Sica junior che stava chiudendo, ma che ci ha molto gentilmente spiegato le degustazioni che fanno martedì e sabato e ci ha inaspettatamente offerto un paio di prosecchi e qualche stuzzichino.



Si stava facendo tardi, e ci siamo diretti al Coccio, la meta della nostra cena, acclamata trattoria in via dei Meli frequentata dai turisti che lasciano entusiastiche recensioni su TripAdvisor sebbene non sia propriamente un posto di mano per chi alloggia in centro. In rete si parla molto bene del proprietario, Massimo, e del cibo, e la nostra verifica ha confermato i giudizi positivi, nonostante l'affollamento del piccolo locale che rende indispensabile prenotare almeno il giorno prima.



Mentre arrivava l'Avvocato, abbiamo gustato l'antipasto con formaggi, ricotta, mozzarella, salame e frittatine, e abbiamo poi scelto i nostri primi: l'Avvocato gli gnocchi, er Roscio i rigatoni con la pajata e io la minestra di broccoli e arzilla con quadrucci fatti in casa. Tutti molto buoni.



Nonostante la simpatia di Massimo che veniva a declamare il menu come un oste tradizionale, ai secondi abbiamo rinunciato (anche se l'abbacchio aveva un bell'aspetto...) e dopo una veloce puntarella (ben condita, ma si sente che sta finendo la stagione) ci siamo diretti su 3 dolci - semifreddo allo zabaione e qualcos'altro che non ricordo - ben fatti e ben presentati. Nota di merito per un Aglianico dei Feudi di San Gregorio a soli 15 euro e per gli amari (Unicum), liquori (Braulio) e le grappe (Berta barricata) offerti. In totale 30 euri cadauno, ben spesi. Burp!



Il Coccio
Via dei Meli 34 (angolo viale Alessandrino)
Tel. 338 3896037
Chiuso lunedì
Niente sito, ma pagina su FaceBook, oltre ad alcune simpatiche recensioni

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lunedì 7 marzo 2011

Bollywood, curry e samosa: è Tiger Tandoori

Un pezzo di India trasportato in mezzo al Pigneto, nel tratto poco affollato di fronte ai lavori della metro C, tra locandine di Bollywood, piatti di curry e tandoori, e fritti vegetali. Il Tiger Tandoori è tutto questo, a cura degli stessi proprietari della neosteria Necci e del nightclub Micca, che hanno creato un bel locale con pareti colorate e grandi vetrate, prodotti e libri in esposizione, camerieri e cuochi indiani e cornici dorate. Si mangia al tavolo o anche takeaway.


Domenica sera, dopo aver visto un gran film all'Aquila (il Cigno Nero, con atmosfere dark e scelte registiche che meritano gli 8 euri cadacranio) e una passeggiata sull'isola pedonale coi negozi chiusi :-( ci siamo diretti al Tiger, ci siamo arrampicati sugli sgabelli (ci sono 3 tavoli alti, gli altri sono normali), abbiamo studiato il menu colorato e ricco, e abbiamo fatto la nostra scelta: io un menu completo vegetariano (shakahari) con fritto misto (patate, zucchine, carote e cipolle) stuzzicante e buono + piadina con purè vegetale (ovviamente) non ben identificato + riso biryani con verdure + zuppa di lenticchie al coriandolo + dolce a scelta (per me il gelato al pistacchio non indimenticabile). La mia metà invece ha optato (!) per i samosa ripieni di patate piselli e coriandolo, una focaccia tradizionale (bhuna) ripiena di qualcosa... e per il riso basmati con curry di pollo, concludendo con un dolce al cucchiaio di mango e mascarpone.


Direi meglio alla carta che il menu combinato (ma il menu piccante meriterebbe un approfondimento...), comunque molto sostanzioso in un ambiente simpatico a prezzi contenuti: in tutto con 4 birre alla spina (delirium + stella artois) abbiamo pagato 46 euri. Non sarà filologicamente perfetto, ma ci si può stare :-)


Tiger Tandoori
Via del Pigneto 193
Tel. 06 97610172
sito ufficiale (c'è solo il menu...)

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giovedì 24 febbraio 2011

Un cubano sui Sette Colli

Riceviamo dalla nostra neo collaboratrice Monica il resoconto di una serata tutta al femminile e volentieri pubblichiamo :-)

Ieri sera ho avuto il piacere di riassaporare (non è la prima volta che ci vado) i piatti cubani del ristorante El Cubano sull'Appia Nuova. Il locale è piccolo e l'arredamento è semplice. Promossa l'accoglienza e il servizio ai tavoli che è piuttosto rapido anche se... ragazzi questo è un piccolo pezzetto di Cuba! Per cui, se decidete di andarci, mettetevi in testa che l'atmosfera che troverete è di quelle rilassanti e che vi godrete una piacevole serata gustando pietanze nuove e ascoltando musica (non dal vivo) tipiche della tradizione cubana.

Io e le mie amiche abbiamo cominciato con un "entrante" misto che comprende crocchette di patate ripiene di carne, banane verdi fritte e yuca fritta. In più (non compresa nell'antipasto) abbiamo ordinato di nuovo la yuca (prima ho omesso di dirvi che trattasi di un tubero) questa volta condita con il mojo e cioè un condimento a base di aglio e limone. Tutto buonissimo! A seguire io e Chiara abbiamo optato per un pollo alla barbacoa e cioè il pollo cotto con burro e soya. Il risultato è che vi mengerete una pietanza moooltoooo tenera e gustosa... Mentre Manuela e Francesca hanno scelto un ottimo picadillo che sarebbe un piatto di carne macinata con pomodoro, spezie e olive. Descritto così non rende l'idea, quindi vi suggerisco di andare dal Cubano e di assaggiarlo (il picadillo...) personalmente! Tutti i piatti sono stati accompagnati da riso bianco (da chiedere sempre!).

La nostra cenetta si è conclusa con un dolcetto cubano, esattamente la guayaba (dolce che prende nome dal frutto esotico con cui è stato fatto), con philadelphia (una piccola porzione del famoso formaggio è posizioanto accanto al dolce), e anche se i cubani non sono famosi per i dolci, devo dire che non era niente male. Dimenticavo...prima di andarcene non ci siamo fatte mancare un buon bicchierino di rum! Il tutto per 17,50 euro a testa. By Monica

El Cubano
Via Siderno 50 (Statuario - Quarto Miglio)
Tel. 06 7180139
Chiuso mercoledì

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domenica 13 febbraio 2011

Dal nostro inviato sui navigli II

Osteria Manfredi Amilcare. Nuovo localino rustico al Pigneto? Nantro pezzo de Roma sparita (che forse se sparisce ci sarà pure un motivo…), classico traiteur de noantri? Manco pe' gnente. Amilcare Manfredi è milanese. Bauscia addirittura, nel senso di supertifoso interista. E gestisce l'omonima trattoria in Via Imbonati 11 a Milano.

I luoghi
O signùr, direbbe la sciura. Perché a via Imbonati si incrociano immigrazione cinese, magrebina e latinoamericana, ci sono palazzacci brutti assai, la macelleria halal fianco a fianco al tempio dei Testimoni di Geova, un business center ultramoderno e multicolore, tirato su a riqualificare l'area industriale della Carlo Erba. Lì, tra piazzale Maciachini e la ciminiera occupata dai migranti a novembre scorso, con viale Jenner a un tiro di schioppo che i leghisti glielo avrebbero dato volentieri, a segnare il confine del quartiere a vocazione neo-artigiana Dergano, insomma in un mucchio di isolati che racchiudono macché un mondo, almeno due o tre, c'è la trattoria di Amilcare.

Spartana sobrietà
Cucina umile ma onesta, clienti fissi, operai e impiegati, ambiente in genere dominato dalla televisione, canale preferito RaiUno, scalzato solo dalle incredibili dirette di Telelombardia in occasione delle partite dell'Inter. Amilcare è un'oasi meravigliosamente démodé nel panorama di una ristorazione meneghina che subisce l'influenza (l'egemonia?) dei settori economicamente e culturalmente più rilevanti in città, la Moda e il Design. Tra vogue cafè e trattori traditori - la "Emiliana" gestita da un ex capoeirista brasiliano che un paio di anni fa mi giurava che la sua lasagna era "fatta come a Bologna", 'tacci sui - osterie della mala che riscoprono l'antica vocazione con prezzari da furto, altre che presentano voci del menu tipo "sfere dell'empireo in giardino zen", deliri fusion finto giappo, cuochi star, risotti coll'ossobuco da trenta euro, locali recanti l'insegna "ristorante cinese-italiano-sudamericano"… In questo tristo contesto la trattoria di Amilcare è una fulgida eccezione.

Ogni mattina il menu viene scritto a macchina con carta copiativa. Non varia molto di giorno in giorno ma tant'è: se si va per la colazione si può anche assistere al rituale della battitura della lista quotidiana, che reca tanto di data. I piatti sono di una semplicità da restarci secchi. Pasta: al ragù, al pomodoro, al burro. Secondi: cotoletta, trippa alla cremonese, bollito, bistecca di manzo. Pesce: salmone o baccalà a crudo. Formaggi: taleggio, gorgonzola, caprino. Contorni: verdure cotte, finocchi, insalata verde o mista, patate.

Fino a poco tempo fa la tv, seguita attentamente da astanti ed esercenti, soprattutto la sera, nelle fasi finali de "I soliti ignoti" di Frizzi, era di quelle col tubo catodico. Solo nel 2010, in pieno switch off da digitale terrestre e in occasione della periodica rinfrescata alle pareti (che da Amilcare si fa almeno una volta l'anno), è stata sostituita da uno schermo piatto. Il mugugno dei clienti affezionati ha ceduto il passo al rapimento estatico una volta tornato Frizzi.

I tavoli, distribuiti in due stanzoni con stufa, sono apparecchiati con cura. Niente tovaglie di carta, Amilcare ha una sua spartana sobrietà. La cucina è a vista, nel senso che la porta è aperta per comodità. Il bagno è fuori, nel retro del locale, e nelle fredde serate milanesi è tipo ghiacciaia. Al momento della dolorosa, il figlio di Amilcare, austero ma col baffo che conquista, ti accoglie alla cassa con un "Vediamo quanto hai fatto". Il prezzo di un pasto completo con porzioni di tutto rispetto può aggirarsi intorno alla cifra folle di 15 euro a persona. Dal primo al dolce, bevande comprese, a meno che non vi spariate digestivi a raffica.

Aperto a colazione, pranzo e cena dal lunedì al sabato. Orari milanesi, non vi venga in mente di presentarvi alle undici di sera, come spagnoli, giornalisti o gente dello spettacolo: trovereste la serranda abbassata. Chiuso la domenica.

Osteria Manfredi Amilcare
Via Imbonati 11 – Milano
Tel: 02 6081008
Chiusura: domenica

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venerdì 21 gennaio 2011

L'osteria di monteverde

Incuriositi dal premio di miglior rapporto qualità/prezzo di Puntarella Rossa ieri sera abbiamo provato L'osteria di Monteverde, che, lo dico subito, ci è piaciuta.



Il locale è carino, accogliente e non troppo grande (ci saranno massimo 20 tavoli) con muri color crema e tavoli con tovaglia e tovagliette (entrambi di cotone ;-)) con un bell'accostamento di colori.



Siamo stati i primi clienti della sera, entrati alle 20.05, forse a quell'ora non ci sarebbe stato bisogno della prenotazione, effettuata una paio di giorni prima, sine problema, via mail. Comodo. Accoglienza cordiale e tranquilla nella sua accezione positiva, abbiamo chiaccherato un poco prima di ordinare, ci han detto per esempio che loro il pesce lo prendono intero e poi lo sfilettano, non amano comprare già i tranci. Oltre al menù, ci sono le preparazioni del giorno, su apposita lavagnetta.



Eravamo 2, di primo abbiamo preso spaghetti al ragù bianco di pesce azzurro con limone e cipollotto (buona la pasta e cotti al dente, sugo delicato, buono, accostamenti riusciti, pesce non secco e nella giusta quantità) e mezze maniche polpo e pecorino (io personalmente preferisco il pesce in bianco, penso risalti maggiormente, era come una matriciana al polpo, interessante, saporita). Primi sicuramente promossi.



Come secondi, tagliata di tonno (buona, erano otto fette di circa un centrimetro di spessore, diciamo il giusto, ma 2-3 fette in più ci sarebbero anche state, a mio avviso il tonno poteva esser un po' più saporito, ma questo era buono e cotto come si deve: poco!) e baccalà con pecorino e patate (al mio amico è piaciuto molto, a me è andato bene, forse gli mancava qualcosa). Per contorno ci hanno suggerito delle polpettine di broccolo su un letto di puntarelle calde (le puntarelle molto buone, ben preparate, le polpette senza infamia e senza lode). I secondi promossi, ma i primi ci sono piaciuti di più.



Bevevamo acqua e un bianco Pecorino a 12€, ben abbinato, leggero. Per finire una buona grappa barriccata Poli e una buona e sfiziosa pera cotta al mascarpone e riduzione di cesanese.



Alla prima foto ci hanno tanati come inviati di magnaroma, forse per questo, forse per le chiacchere e perchè abbiamo promesso di portarci amici e parenti, ci hanno offerto grappa e dolce [;-)] e abbiamo pagato in tutto 62€. Speriamo non alzino i prezzi col tempo.



L'osteria di Monteverde
Via Pietro Cartoni, 163 (Ponte Bianco)
06.53273887
Chiuso mai
www.losteriadimonteverde.it

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